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Luigi Ceccarelli

Opere

Armonia dell’Ascendente [2012]

i Lama Tibetani del Monastero di Drepung Loseling
Luigi Ceccarelli - live electronics
Markus Stockhausen - tromba
Fabio Mina - flauto

Lama tibetani del Monastero Drepung Loseling
Markus Stockhausen – tromba, Fabio Mina – flauto
ed elaborazione elettronica
durata 20′
produzione Ravenna Festival 2012
1a esecuzione: Ravenna (Ita), Ravenna Festival, 10 luglio 2012 ore 21:30
Tibetan Monks Inside Electronics, Giardini della Basilica di San Vitale –
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foto di Silvia Lelli

Le chiavi per penetrare la musica tibetana, per noi occidentali vanno ricercate molto al di là del fascino dell’esotico e del misticismo, che indubbiamente ci cattura fin dal primo istante.
Le concezioni armoniche, melodiche, ritmiche, temporali dei canti dei monaci tibetani sono lontane dalla cultura musicale occidentale. Apparentemente questi canti ci sembrano statici e monotoni, ma al loro interno vi è un ricchissimo mondo cangiante. Una continua microvariazione di tutti gli elementi musicali che sembra dare al suono la consistenza di un organismo vitale. Il movimento di ogni nota è indipendente per ogni voce e per ogni suono, ognuno ha la propria unicità ma allo stesso tempo tutto è legato insieme. Nella musica tibetana, come in tutte le culture extraeuropee, l’armonia non è costruita su leggi di simmetria tra consonanza e dissonanza, ma dalla struttura del timbro del suono, che a volte crea un

magma di inestricabile complessità di unisoni – quasi unisoni – perché sono proprio queste differenze microtonali a rendere affascinanti i suoni. Il tempo inoltre non è mai organizzato in suddivisioni regolari e le pulsazioni delle percussioni non sono mai sincrone; il suo fluire è come l’acqua di un fiume, che, pur andando l’acqua in una direzione precisa, ogni goccia che ne fa parte ha un suo percorso individuale.
Il mio intervento sui canti tibetani non vuole essere un prendere suoni esotici e adattarli alla sensibilità occidentale. Ma vuole più semplicemente – o in modo più complesso (a seconda di come si guarda) – espandere le caratteristiche di questa musica attraverso l’uso della tecnologia digitale, rendendo più evidenti le sue modalità e le sue microstrutture.

E questo attraverso gli stessi procedimenti usati dalle voci dal vivo come lo sfasamento delle altezze e l’accentuazione delle componenti armoniche, una estetica in cui il timbro del suono ha una funzione primaria. Un personale intervento che altera la tradizione, certamente, ma soprattutto un tentativo di avvicinamento a questa musica rendendola se possibile più esplicita, con rispetto e attenzione nei valori originari.
Nel canto dei monaci le linee melodiche non variano soltanto per differenze intervallari, ma contemporaneamente seguono un lento e inesorabile glissando ascendente. Questa non è una caratteristica occasionale, ma si trova quasi sempre nei canti e anche dei recitativi monotòni. Si parte sempre dal grave,

il suono più grave di cui la voce è capace, e con rigorosa gradualità si sale, fino al limite massimo delle possibilità vocali.. A volte questa salita è rotta da salti all’indietro per poi riprendere la scalata, a volte è invece continua. Una caratteristica sconosciuta nella nostra cultura musicale, che solo la musica elettronica ci ha permesso di concepire come elemento espressivo e non come errore.
Questo ossessivo anelito all’ascensione, questa continuo tentativo di partire dal grave più profondo per arrivare all’acuto più esasperato lo si può interpretare come elevazione del canto e dello spirito al di sopra cose terrene, ma allo stesso tempo anche come una unione tra tutte le cose, alte e basse. Due concezioni apparentemente contraddittorie che sono il più grande insegnamento del pensiero buddista.

Luigi Ceccarelli

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