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Luigi Ceccarelli

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Macchine Virtuose – Recensioni

by admin
Nov , 22
Macchine Virtuose – Recensioni

recensioni  1994

Dal buio emerge un pianista, si avvicina a un pianoforte aperto, fruga nella coda, strofina sulle corde bacchette da tamburo e ne trae alcuni suoni. Le apparecchiature elettroacustiche moltiplicano, modificano e diffondono quei suoni, li replicano all’infinito aspirando all’ipnosi. Il pianista si ritira nel buio mentre continuano a diffondersi fasce di armonici. Il pianoforte rimane solo con la bocca spalancata, con i suoi cavi penzoloni e i microfoni appesi, come un oggetto inutile.
La macchina virtuosa n.1 si è messa in moto. Cambiano gli strumenti ma sarà così per tutto il concerto. Le Macchine Virtuose di Luigi Ceccarelli sono sofisticate e raffinate manipolazioni del suono live, giocattoli di grande complessità e di infinita possibilità di risposta. E c’è anche il gioco delle luci, ben fatto, ben calibrato, e anch’esso spesso mosso dal suono e dunque strettamente legato all’evento sonoro.
Il fatto è che è uno spettacolo divertente e intrigante…. Veder giocare e sentir giocare così bene è un piacere davvero raro.
Non c’è solo il gioco, naturalmente, ci sono intenzioni musicalmente più profonde; potremmo dire che è una sintesi di decenni di esperienze sulla musica elettronica, comprese quelle extra-colte e su un teatro alternativo. Ma l’aspetto ludico è quello prevalente e su questo ci soffermiamo, perché è l’aspetto più normalmente disatteso del far musica. Pubblico foltissimo, interessato e perfettamente coinvolto.

(Michelangelo Zurletti – La Repubblica 28/10/94)

Per “Macchine Virtuose” di Luigi Ceccarelli… il tutto esaurito ha testimoniato la solida reputazione del compositore, ma anche il suggello di una serata coinvolgente in cui musica dal vivo, musica su nastro magnetico, performances degli esecutori-attori e una sapiente regia luci e multivisione hanno dato vita ad un nuovo concetto del fare spettacolo in forma rigorosa ma non punitiva. Le Macchine di Ceccarelli non sono delle entità fisiche, ma delle situazioni ambientali che fanno si che spazio, tempo, pulsazioni ritmiche e respiro del pubblico si fondono in un momento magico con la musica…..
Un crescendo, è il caso di dirlo, di virtuosismo, giocato con molta sapienza anche da tutti gli esecutori, il gruppo Ars Ludi… Un successone, giocato e si vuole sulle chiavi dell’entertainement, ma che fa venire il dubbio che la musica contemporanea cominci a piacere.

(Marco Spada – L’Unità 28/10/94)

Un’anima di Metallo e un tocco urbano di jazz

Gli eventi sonori, gli strumentisti, gli spettatori, l’ambiente. Sono le “Macchine Virtuose” in scena all’Acquario Romano. Concerto -Spettacolo di Luigi Ceccarelli per “Progetto Musica 94”.
Anima di Metallo, dice il titolo del brano che chiude il concerto dedicato a musiche di Luigi Ceccarelli all’Acquario Romano. Perché tutto è artificiale in questo prodigioso inventore di suoni. Tutto è urbano, metropolitano, tecnologico, ma anche anima jazz. Concerto straordinario, memorabile. Con il quadruplo degli spettatori medi della musica contemporanea. Diversi, non inamidati….. E Ceccarelli vi ha trovato l’occasione giusta per rivelarsi quello che sicuramente è: uno dei più importanti compositori oggi in attività.
Spettacolo più che concerto….Nel primo brano, “Aura in Visibile”, si sente all’inizio il suono amplificato di corde del pianoforte azionate da oggetti…….Poi una cortina di suoni di tipo industriale-futurista-spaziale, ma sono altoparlanti vibratori che trasmettono impulsi alle corde del pianoforte.
Aritmico e ultraritmico “Aleph con Zero”, per due percussionisti e due pianisti. Sintassi dell’ansia e dell’ebbrezza. A un certo punto le due marimbe acquistano vita propria, moto proprio, e avanzano verso il centro del palco. Macchine virtuose e miracolose. In “Discussione del 3000” i due percussionisti entrano in scena mentre un bellissimo cerchio bianco illuminato cade dall’alto e va a formare la scenografia molto mondrianesca dell’esecuzione. Che è una combinazione con voci sintetiche che introducono un gioco dadaista di sillabe e colpi di tosse. Il pezzo finisce con un carillon impertinente e infernale. Senza interruzione comincia “Anima di Metallo”: sorde risonanze di orchestra gamelan, cultura balinese, cultura jazz, luci cangianti e lingue di metallo fluorescenti che danzano sul fondale bianco. Oggetti di culto dell’era pop-tecnologica, effetto discoteca, con finale parossistico, autenticamente tribale.

(Mario Gamba – Il Manifesto 30/10/94)

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