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Luigi Ceccarelli

Opere

La Mano – de profundis rock [2005]

drammaturgia e regia Marco Martinelli

musica Luigi Ceccarelli
per voce, chitarra elettrica, basso, batteria,
campionamenti e suoni elettronici

con Ermanna Montanari e Roberto Magnani

tratto dal testo “La Mano” di Luca Doninelli
drammaturgia e regia Marco Martinelli

musica Luigi Ceccarelli
per voce, chitarra elettrica, basso, batteria, campionamenti e suoni elettronici
chitarra elettrica Marco Biniero, Gabriele Bombardini
diffusione surround 7.1

scene Edoardo Sanchi
disegno luci Vincent Longuemare

interpreti
Ermanna Montanari
con Roberto Magnani

durata: 60′

assistente luci Francesco Catacchio
assistente suono Giovanni Belvisi
assistenti scene Cristina Del Zotto, Paolo Fanti
assistente alla messa in scena Maurizio Lupinelli
direzione tecnica Enrico Isola
promozione Francesca Venturi

produzione Le Manège.Mons (Belgio), Ravenna Festival (Italia), Ravenna Teatro (Italia), Le Phénix-Scène Nationale de Valenciennes (Francia)
in collaborazione con Festival delle Colline Torinesi (Italia), Comune di Ravenna, EdisonStudio-Roma

rappresentazioni

18-22 Feb 05 – Mons (Belgio), Théâtre des Arbalestriers
01 Mar 05 – Valenciennes (Francia), Théâtre le Phenix
24-26 Giu 05 – Ravenna, Ravenna Festival, Teatro Rasi
29-30 Giu 05 – Torino, Festival delle Colline Torinesi
30 Lug 05 – Volterra, Volterra Teatro, Teatro Persio Flacco
20-25 Gen 06 – Ravenna, Teatro Rasi
31 Gen-05 Feb 06 – Milano, Piccolo Teatro, Teatro Paolo Grassi
11 Feb 06, Teatro Solvay, Rossignano
18-19 Feb 06 – Teatro Kismet, Bari
4-5 Mag 06 – Teatro Tor Bella Monaca, Roma
08 Mag 06 – Urbino, Teatro Raffaello Sanzio

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Io ho vissuto tutta la vita, si può dire, per mio fratello. Mio fratello è Jerry Olsen. Il grande Jerry Olsen. Ora il suo nome fa paura per il modo in cui morì. Ma prima faceva paura per il modo in cui suonava la chitarra”.
La mano è un assillante monologo, una ballata spezzata e sincopata di ricordi, sogni e allucinazioni. In uno sfogo sospeso tra dolcezza e repulsione, Isabel rivive il suo rapporto con il fratello Jerry, un grande del rock, fino alla morte atroce, dopo che lui si è tagliato la mano sinistra – quella che danzava sulle corde della chitarra.
Il racconto di questa donna dal “cervello mezzo bruciato” ruota intorno a una canzone infarcita di note e di simboli – una canzone di Jerry, naturalmente, che per lei è l’ultimo punto di riferimento, un messaggio di cui ha però perduto il senso.

Attraverso la voce di Isabel, Luca Doninelli lascia esplodere le ossessioni dei protagonisti. Ne esce un romanzo estremo anche nella forma, una “soggettiva” impietosa e grottesca. È un flusso di frasi inarrestabile e tortuoso, il frammentario delirio di una coscienza intermittente, da cui emerge però con lancinante chiarezza il cortocircuito tra la libertà assoluta e la regola più rigida.
La mano procede come uno degli assoli della chitarra di Jerry, “una specie di mitragliatore che sparava, sparava, sparava, ma dentro questo frastuono si potevano distinguere mille voci diverse: grida di donne, canti angelici, voci di uomini di colore, treni sulla massicciata, motociclette in corsa sotto il sole del deserto”.

CD- La Mano – de profundis rock
con un testo di 44 pagine
Luca Sossella Editore – 2006

musica Luigi Ceccarelli
testo Luca Doninelli
drammaturgia Marco Martinelli
voce recitante Ermanna Montanari

dutata totale: 53′

La mano. Quel che resta del rock

Che musica fate? chiese un giornalista. “Terrosa”, rispose jerry.

La definizione “terrosa” è la cosa che più mi identifica nel racconto di Doninelli. Sembra un aggettivo assurdo, invece l’ho trovato d’istinto logico e perfetto per il mio modo di concepire la musica, esattamente quello che cerco di ottenere in ogni nuovo pezzo: un suono di cui si riconosca la grana intrinseca – meglio se grezza e aspra -, che si possa sbriciolare fino a ridursi in polvere per sentirne il suo odore pungente; un suono allo stesso tempo atavico e presente, che non abbia bisogno di spiegazioni tecniche o storiche, e soprattutto che non appartenga ad alcun genere predefinito: un suono che arriva diretto e basta.
Forse, nella cultura del nostro secolo, di tutta la miriade di generi musicali che ascoltiamo ogni giorno, solo la musica rock ha raggiunto questo livello di profondità sonora.
Ma non si confonda questa ricerca di immediatezza con la semplicità: come il fluire facile delle note nasconde da sempre una tecnica prodigiosa nata da un ossessivo esercizio, così i suoni, per mantenere il

dettaglio della filigrana, hanno bisogno, nella distillazione degli spettri acustici, di essere trattati con la stessa maestria. (Quante volte Alvin Lee ha provato un solo?).

“La mano” è una emblematica storia della musica rock. Di origine tipicamente rock sono i suoni che accompagnano Isis nel suo monologo, assecondandola nel suo furore o nella sua fragilità. Gli strumenti – voce, chitarra, basso e batteria, come in ogni gruppo rock che si rispetti – sono registrati, assemblati in studio con apparecchiature digitali. La loro natura viene continuamente esasperata dall’elaborazione elettronica e trasformata in timbri e ritmi con sonorità complesse, una via ben più affascinante da quella intrapresa da Jerry, che invano cerca di trovare una soluzione tecnologia alla sua crisi creativa.
La musica dello spettacolo è costituita di nove parti, ognuna delle quali è la sintesi di più stili, e abbraccia idealmente tutta la cultura rock. Riferimenti importanti sono l’heavy metal, il dark rock, l’hard rock e il punk, includendo tutte le correnti

che ne sono derivate, ma anche il blues, il rock sinfonico ed il funky hanno ispirato una parte del lavoro. Il riferimento più importante è però alla musica degli anni settanta, in cui il concerto rock si concentrava principalmente sull’esecuzione musicale e non sulle sovrastrutture spettacolari. E’ per questo che si può considerare “La mano” come un concerto tout court.
La voce di Ermanna Montanari, è il baricentro di tutta l’opera. Punto di incontro e di sintesi tra suono, testo, immagine, incarna perfettamente la totale sregolatezza di Isabel portando la voce oltre il linguaggio della parola e diventando puro suono nel più puro stile rock “terroso”.
Pur raccontando la musica rock, “La mano” non vuole essere un’opera tipica del genere, bensì un suo superamento attraverso la destrutturazione. Con un’operazione micro-chirurgica, gli elementi musicali vengono esplorati con una lente di ingrandimento virtuale fino a individuarne la texture originaria, per poi ricomporla in un ritmo complesso, in sintesi con la parola e la visione.

L. C.

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