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Luigi Ceccarelli

Pubblicazioni

un musicista nel Gruppo ALTRO

Luigi Ceccarelli – Un Musicista nel Gruppo “Altro”  – in Lettera Internazionale n.53 anno 13 Sett 1997 pg. 11

Intercodice, musica e multimedialità

L’inizio della mia esperienza con l’”intercodice”” risale al 1977, anno in cui Walter Branchi, allora mio insegnante di Musica Elettronica al Conservatorio di Pesaro, mi propose di sostituirlo in un lavoro con il gruppo  “ALTRO”.
Nei due anni seguenti partecipai molto attivamente, come musicista, alla progettazione ed all’allestimento dello spettacolo “Abominable A”, rappresentato nel 1979 a Roma e a Varsavia.
Dopo lo scioglimento del gruppo “ALTRO”, avvenuto verso la fine del 1979, ho continuato la collaborazione con Lucia Latour in “AltroTeatro”, dove, pur realizzando fondamentalmente spettacoli di danza, abbiamo mantenuto un’impostazione metodologica e progettuale per certi versi molto simile alla precedente esperienza di lavoro intercodice. A differenza della prassi convenzionale della danza, dove normalmente il  rapporto con la musica è piuttosto stereotipato, gli spettacoli di “AltroTeatro” presentano una relazione più complessa e innovativa tra suono e movimento. Come esempi si possono citare gli spettacoli “Porte a faux” e “Tanzette” (1981), “Spatium-teca” (1982), “Frilli troupe” (1986), “On y tombe…On n’y tombe” (1988), “Anihccam” (1989) e “Naturalmente tua” (1992).

L’esperienza di ALTRO è stata molto spesso associata al teatro soltanto perché negli anni ‘70 non sarebbe stato possibile trovare una classificazione ad una esperienza così al di fuori dagli schemi codificati. Al contrario invece la metodologia intercodice è molto lontana dal linguaggio teatrale, anzi si potrebbe dire che ne è in antitesi.
Il presupposto di mettere sullo stesso piano vari codici è un’idea estranea al teatro tradizionale – che utilizza sì diversi codici – ma solo in rigide gerarchie che di solito pongono al livello più alto il testo e la recitazione dell’attore, relegando gli aspetti visivi, e soprattutto quelli musicali, a ruoli secondari.
Nel lavoro intercodice i ruoli predefiniti del teatro tradizionale non esistono ma sono reinventati di volta in volta a seconda di un progetto che si costruisce gradualmente con il contributo delle diverse esperienze dei partecipanti. In “Altro” tutti erano attivamente sia ideatori che interpreti.

Il lavoro intercodice è stato molto importante per la mia formazione di musicista, soprattutto mi ha allontanato definitivamente dall’ambiente accademico in cui si scrive musica solo per altri musicisti di una cerchia molto ristretta esenzaalcuna relazione con altri contesti culturali.
All’interno di “Altro” il lavoro del musicista non è mai consistito nel realizzare musiche che fossero commento di una certa situazione visiva o che servissero a creare una certa “atmosfera”. Anzi non si parlava proprio di musica, ma piuttosto del “suono” che, organizzato con gli altri eventi, acquistava significato solo nella globalità del risultato complessivo.
Un musicista, abitualmente proiettato ad organizzare il tempo (unica dimensione che contiene il suono), nell’ambito di “ALTRO” scopriva che questa sua abilità si poteva applicare a qualsiasi evento. In una partitura si potevano anche inserire  immagini e movimenti e li si poteva gestire con le stesse regole della composizione musicale.
Lavorando in ambito intercodice si arriva inevitabilmente a scoprire che per costruire significati non è importante considerare “gli oggetti” in sè (siano essi suoni, immagini, movimenti, o tutti questi insieme) ma piuttosto trovare una relazione “tra gli oggetti”.

I nuovi linguaggi artistici, piuttosto che una semplice evoluzione dei linguaggi del passato, sembra ci stiano portando verso la nascita di nuove regole estetiche radicalmente diverse. Siamo oggi di fronte al punto di rottura tra l’opera d’arte convenzionale ed i nuovi linguaggi artistici, che si stanno sviluppando anche grazie alle nuove tecnologie digitali.
Dal lavoro intercodice del gruppo ALTRO alle esperienze multimediali di oggi molte cose sono cambiate, ma moltissime delle idee sull’interazione tra codici di allora sono ancora di grande stimolo dal punto di vista creativo. L’Intercodice si può certamente indicare come una tra le proposte anticipatrici nel rapporto tra arte e multimedialità.
Un aspetto dell’attualità del lavoro del gruppo ALTRO è il suo rapporto con la tecnologia.
Certamente i mezzi tecnici che si avevano a disposizione negli anni settanta non erano paragonabili alle possibilità di oggi, anzi le poche risorse economiche permettevano soltanto l’impiego di strumenti a dir poco spartani, ma la questione tecnologica è uno dei punti centrali che distingue il lavoro di Altro nel contesto di allora: mentre nel teatro tradizionale il lavoro tecnico è considerata soltanto come un puro supporto pratico per realizzare una finzione scenica, vale a dire senza alcun interesse da parte di chi la usa per la sua logica funzionale, in Altro la ricerca della funzionalità tecnologica è una delle basi portanti della creatività.
Nella metodologia di ALTRO le soluzioni tecniche vengono costantemente inventate o reinventate. Ogni idea ha bisogno di una soluzione pratica per realizzarsi e quindi anche la soluzione da trovare fa parte dell’idea creativa. Con questa logica viene annullato completamente il concetto di finzione scenica, e non serve più nascondere l’artificio tecnico, ma anzi questo può essere mostrato per quello che è, essendo integrato perfettamente nell’estetica che guida la realizzazione dell’opera.

Questo aspetto di invenzione si applicava spesso anche al suono: per lo spettacolo “Abominable A”, per esempio,  avevamo il problema di far muovere il suono nello spazio. Per questo fu costruito un sistema di altoparlanti che potevano essere spostati velocemente sopra la testa degli spettatori. Il marchingegno era molto artigianale ed era manovrato a mano con carrucole e manovelle, ma funzionava talmente bene che da allora non mi è più capitato di ascoltare una sensazione di movimento del suono così efficace. 

Oggi abbiamo una possibilità in più nell’attuare il pensiero intercodice perché abbiamo raggiunto l’assoluta identità nella manipolazione di suoni ed immagini. Per mezzo della digitalizzazione possiamo acquisire, elaborare, ritrasmettere immagini e suoni esattamente con lo stesso procedimento tecnico. Non c’è più differenza nel realizzare una fotografia o una composizione musicale, e ci stiamo avviando ad inglobare in questo tipo di identità anche lo spazio ed il movimento.
E non si può più parlare di nuovi linguaggi che sostituiscono i precedenti e si pongono in alternativa con essi, ma piuttosto di linguaggi di livello logico superiore. Si tratta di una sorta di allargamento in senso verticale del significato, un ulteriore passo verso una corrispondenza più “naturale” tra le strutture dei linguaggi artistici e le strutture della percezione umana.
I livelli di lettura dell’intercodice, come quelli di un’opera veramente multimediale, sono molti di più di quelli tradizionali. Questo ci porta a considerare l’arte contemporanea come un metalinguaggio in cui i codici tradizionali possono essere tutt’al più gli elementi semplici di un’organizzazione superiore.