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Luigi Ceccarelli

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Recensione Concerto Sagra Malatestiana 2007

Ott , 6
Recensione Concerto Sagra Malatestiana 2007

Nell’ “Officina” di Luigi Ceccarelli, il compositore dal gusto urbano
“Neuromante” per sax contralto, “Quanti” e “Birds” per clarinetto, “De zarb à daf” per percussioni, “Anima di metallo” per tamburi e metalli……. Alla Sagra Musicale Malatestiana

La Sagra Musicale Malatestiana è arrivata quest’anno all’edizione n 58. Celebri direttori come Temirnakov e Metha, repertorio consolidato, grande afflusso di pubblico. Ma potrebbe l’aggiornatissima città di Rimini non dedicare uno spazio monografico in questa rassegna molto tradizionalista a un autore d’oggi? Possibilmente originale, non accademico e non conciliante o furbescamente eclettico? No. Non potrebbe. Quest’anno la scelta è stata particolarmente felice: è caduta su Luigi Ceccarelli. Un compositore che scrive al computer utilizzando i suoni campionati (e suoni sintetici) ma riservando ai solisti di strumenti acustici succose parti nelle esecuzioni dal vivo delle sue partiture. Un compositore di gusto molto “urbano”, capace di essere trascinante, anche epidermico, ma ricercato e ricco di pensiero.
Al Teatro degli Atti il primo solista a presentarsi è Marco Gerboni con il suo contralto. Il lavoro si chiama Neuromante (1992). Fraseggio subito braxtoniano e un’iniziale struttura per brevi “capitoli”. Del resto il procedimento a episodi troncati, non traumaticamente, ma piuttosto in modo sereno e con qualche accenno di “soluzione” su una note che funge da tonica, è uno dei preferiti di Ceccarelli.
Neuromante si inoltra, rimanendoci a lungo, nell’esasperazione e nell’interazione di frasi post-jazzistiche (si continua a pensare a Braxton), poi in aperture verso spazi lirici-siderali. Per tutta la durata del brano i suoni del solista vengono moltiplicati, accerchiati, lambiti, lievemente contrastati da una serie di “doppi” messi in circolo dai dispositivi elettronici. Perchè “doppi”? Perchè si tratta di suoni campionati di tutta la famiglia dai sax con un privilegio dato ai registri gravi.
Questo criterio di elaborare con suoni timbricamente affini una polifonia o un dialogo tra solista o suoni d’insieme semplici spesso di valore ritmico, è quello che ritroviamo in tutti i lavori, con minor evidenza solo in Anima di Metallo. In Quanti (1990) abbiamo un vero e proprio “ambiente” di clarinetti campionati che si delinea intorno al clarinetto solista Paolo Fantini. Brano molto cordiale, tenero: un convegno amoroso in cui il sé si cerca si incontra si interroga con un certo compiacimento della propria natura colloquiale.
Birds(1993) presenta una novità. Il solista di clarinetto basso Fabio Bertozzi non è avvolto e sorretto solo dai consueti interlocutori “artificiali” della sua stessa costituzione sonora, ma incrocia suoni campionati del mondo naturale, cinguettii di uccelli in particolare. Il motivo si capisce: il brano è una parte del balletto Naturalmente Tua firmato da Ceccarelli con la coreografa Lucia Latour, ispirato dal tema della natura trattato peraltro in modo disincantato e paradossale. Per la versione da concerto avremmo preferito che queste interlocuzioni “naturaliste” e descrittive fossero omesse, tantopiù che gran parte dell’itinerario sonoro è fatto di magnifiche serrate parossistiche iterazioni, da magnifici “ostinato” in cui lo strumento viene usato con metodo percussivo.
De zarb à daf (1997) è la proliferazione incessante di suoni percussivi. Sorprende, affascina, conquista. Zarb e daf sono i nomi di tamburi della tradizione persiana, impiegati dal vivo dal solista iraniano (ora cittadino francese) Mahamad Ghavi Helm che ha regalato i suoi suoni ai campionatori di Ceccarelli. Ne è uscita una partitura formidabile. Innegabili gli echi di una cultura musicale arcaica, ma qui c’è tutta la metropoli che ribolle, che si innerva di conflitti e di soggettività plurime. Le macchine magiche di Ceccarelli frazionano i battiti, li dilatano, entrano in zone sismiche,evocano un Elvin Jones o un Hamid Drake al cubo.
Logico che a chiudere il concerto sia Anima di Metallo (1990) con il trio dell’ensemble Ars Ludi in scena (Antonio Caggiano, Rodolfo Rossi, Gianluca Ruggeri). Strumenti del Gamelan indonesiano producono prima sequenze puntillistiche poi deflagrazioni. Ma sempre di suoni sordi, da officina. Ovviamente la centrale elettronica arricchisce, dilata, differenzia al massimo. Ampi spazi alla scansione regolare, quadrata, ma ogni insieme di battiti è un microcosmo di timbri e di rifrazioni. E ben presto si riprende l'”aritmia” dell’avvio. Per concludere su un tellurico mix di tamburi e metalli.
(Mario Gamba – Il Manifesto 6 ottobre 2007)

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