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Luigi Ceccarelli

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Recensioni – L’Isola di Alcina

Giu , 30
Recensioni – L’Isola di Alcina

“Mi accorgo di interpretare una partitura”. “Per gli attori e per il pubblico si tratta di entrare dentro le note”. Così parla Ermanna Montanari dell’Isola di Alcina, lavoro di cui è protagonista assoluta. ….Il sottotitolo è Concerto per corno e voce romagnola. Partitura. Note. Teatro musicale……Scritta da Luigi Ceccarelli. Un compositore di punta, un compositore da sempre impegnato, fin dai tempi della stimolante collaborazione con la coreografa Lucia Latour (Anihccam, Naturalmente Tua), in progetti di sintesi multimediali, non in stesure di colonne sonore.
Ora lo spettacolo approda al Teatro Valle di Roma. Rinnova ammirazione ed emozione. Per il testo in lingua romagnola di Nevio Spadoni….Per la regia di Marco Martinelli …. Per le luci di Vincent Longuemare,…..Per le musiche di Luigi Ceccarelli, che stanno all’Alcina come quelle di Verdi alla Traviata, come quelle di Glass a Einstein on the Beach.
L’inizio è sfolgorante e ricco di autentico pathos: un corno francese che evoca il fantasma vivissimo, appassionato e un po’ minaccioso di John Coltrane lancia grida che subito vengono sminuzzate e arricchite con suoni percussivi di materico vitalismo. Suoni artificiali, ricavati per campionamento ed elaborazioni al computer da una serie di suoni del corno francese, eppure suonano come se fossero altro. I monologhi dell’Alcina, i suoi assoli, che in nove si susseguono fino alla fine, sono di evidente scrittura musicale, al passo con il parlato melodico e ritmico che è la realtà della vocalità musicale dopo la fine del canto. Perché il canto è morto nel teatro musicale interessante, era tempo che morisse, non lo si sopportava più. Qui si vede il genio di Ermanna Montanari. Attrice e vocalista, sarà bene che le Enciclopedie della musica aggiungano il suo nome a quelli di Cathy Berberian e Gabriella Bartolomei. Fantastica nel misurarsi con i suoni concreti-digitali di Ceccarelli, splendidamente in cerca di un punto di congiunzione tra tutte le tradizioni rumoriste ed elettroniche, o forse in cerca di una loro dissoluzione.
Sono suoni sempre sul punto di frantumarsi e sempre avvolgenti…. I suoni sono scene, le scene sono suoni: l’ascolto puro dell Isola di Alcina (reperibile in CD, etichetta Ravenna Teatro 0100) non chiarisce il valore musicale della partitura, occorre la visione in teatro, la visione aumenta il tasso di musicalità del lavoro e lo rende più incisivo, ma il mirabile svolgimento teatrale non sarebbe nulla se le parole non dentro le note.
(Mario Gamba — il Manifesto 3/3/2002)

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…e non si può, in questa luce, non sottolineare il fondamentale apporto creativo del compositore Luigi Ceccarelli, che intraprende nella circostanza una strada decisamente insolita rispetto alle consuetudini del teatro, lavora ad un vero e proprio “sottotesto” strumentale che non mira ad un accompagnamento ma a un livido prolungamento sonoro della parola. Imprigionata nel suo abbagliante delirio monologante, distorta da prospettive scenografiche sottilmente innaturali, questa Alcina vestita come una maestra di campagna anni Cinquanta diventa allora una creatura infernale, un’apparizione cattiva e sinistra che luci spietate e musiche spettrali inquadrano in un vuoto d’oltretomba. Il divano su cui siede con la sorella ebete si staglia contro un soffocante muro nudo, che assumerà di volta in volta incongrui riflessi d’oro o sfumature di un verde malato. Pur senza protesi di sorta, i volti delle due sono trasformati in mostruose maschere di carne. Per riportare il personaggio alla fisionomia originaria, sotto la ribalta si svela a tratti una gabbia opprimente in cui sono stipati inquietanti uomini-cani.
(Renato Palazzi – Il Sole 24 Ore 25/6/2000)

Ermanna Montanari, nella parte della maga pazza, urla sussurri, canta la sua esaltata punizione, evolvendo le acrobazie vocali del suo precedente Lus, e fa suoni puri della poesia dialettale Campianese di Nevio Spadoni. Le parole, infatti, sono un’essenza di sentimenti contrastanti nella lotta focosa e appassionata innescata con le note del corno Romagnolo di Luigi Ceccarelli; e questi, aggravati elettronicamente, danzano con le luci di Vincent Longuemare che infiammano il tableau vivant su sfondi bizantini d’oro o dossi ferraresi. […] È un’emozione unica per lo spettatore, uno shock da vivere. ”
(Franco Quadri, La Repubblica, 19 ottobre 2000)

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Concerto per corno e voce romagnola, dice il sottotitolo. All’inizio però, a luci ancora spente e poi quando al centro della scena si illumina il quadro vivente delle due figure femminili, siamo investiti da un’onda d’urto di una tempesta sonora, folate di vento in cui si insinua un suono più acuto, lacerante. Partendo da un solo strumento, il corno appunto, con l’aggiunta di qualche percussione, Luigi Ceccarelli ha composto una partitura musicale che ha la pienezza di un’orchestra, lavorando di elettronica sui suoni naturali registrati.
(Gianni Manzella – Il Manifesto 10/6/2000)

Il dialetto romagnolo appuntito e oscuro di Spadoni non è una madrelingua a cui abbandonarsi per riscoprire il respiro del mondo ma una materia da assalire, fare a pezzi, comprimere alla ricerca della geometria e della simmetria, intessuta continuamente nel suono di Luigi Ceccarelli poesia”.
(Oliviero Ponte di Pino, Diario, 23 giugno 2000)

Ma credo che la storia sia stata solo la felice ispirazione per creare uno spettacolo (di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari) in cui la magia della storia passa attraverso la voce e il corpo medianico della straordinaria Ermanna Montanari e attraverso l’altrettanto straordinaria musica di Luigi Ceccarelli. ”
(Luca Doninelli, Avvenire, 28 ottobre 2000)

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..Il corno (partitura, intensamente evocativa, di Luigi Ceccarelli) impasta con suoni aspri, acuti, ombrosi lo strazio amoroso, la solitudine, gli echi della campagna, l’affabulazione dell’Ariosto. Uno spettacolo di ricerca tragico e fantastico che annuncia, davvero, il teatro del domani.
(Ugo Ronfani – Il Giorno 15/10/2000)

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…L’Isola di Alcina del teatro delle Albe è un capolavoro di straordinaria complessità e ricchezza…..lo spettacolo è geometricamente perfetto nel coniugare vari livelli rappresentativi. E’ innanzitutto un’opera musicale, una vera partitura per suoni e voce in cui iil verso diviene complementare, e viceversa, alla musica di grande suggestione di Luigi Ceccarelli.
(Nicola Viesti – Nuovo Corriere 29/11/2000)

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….Come la musica di Luigi Ceccarelli, eseguita da un corno “aiutato” dal computer, che nei cambi di scena è padrona assoluta, mantenendo la tensione negli spettatori….
(Paolo Pingani – il Resto del Carlino 10/6/2000)

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…Ceccarelli, che lavora da sempre con l’elettronica, evoca in modo sconvolgente proprio la profondità di questa voce (Alcina), la forza di questa donna riesce ad affiancare e ad amalgamare i suoni della voce femminile con quelli del corno, presente in modo costante in tutta la composizione.
(Susanna Persichilli -I Fiati giugno 2001)

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…Parole misteriose, magnetiche, evocative, note taglienti di una partitura di sentimenti spezzati dalla follia d’amore, contrappuntati dai suoni vigorosi e tormentati delle belle musiche di Luigi Ceccarelli…
(Magda Poli – Corriere della Sera 5/7/2000)

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….l’Isola di Alcina è semplicemente bellissimo. A cominciare dal testo poetico di Nevio Spadoni, questo “concerto per corno e voce romagnola” tramato da Marco Martinelli sulle musiche di Luigi Ceccarelli si pone tra gli esiti più alti della stagione……
(Roberto Barbolini – Panorama 27/10/2000)

“L’Isola di Alcina del Teatro delle Albe (presentata la scorsa settimana al Kitchen) è una poesia drammatica squisitamente messa in scena di Nevio Spadoni su due sorelle, una giustamente intitolata alla maga dell’Ariosto nell’Orlando Furioso, l’altra muta vittima di una storia d’amore fallita. […] L’incantevole mise-en-scène (in particolare il paesaggio sonoro della cornetta di Luigi Ceccarelli e la tavolozza di luci ambrate di Vincent Longuemare) soddisfa l’ambizione ultima del teatro: tenere il pubblico estasiato in un presente viscerale “.
(Charles McNulty, The Village Voice, Sightlines, 21-27 marzo 2001)

Susan Sontag alla ricerca del teatro perduto
L’iniziazione di una giovane frequentatrice di teatro – “innamoramento” di certe commedie che diventeranno punti di riferimento nel suo sviluppo, i suoi incontri con Peter Brook e Jerzi Grotowski e la sua recente “scoperta” del Teatro delle Albe di Ravenna – l’interesse per un teatro che sa “esaltare e cambiare la vita”, lontano dal conformismo che in America sembra aver soffocato ogni forma di coscienza critica.
Quali sono state le tue esperienze più importanti e quali opere ti hanno colpito di più?
“Quindici o venti esperienze per me sono state fondamentali, spettacoli che ho visto e rivisto e che mi hanno portato a conoscere le aziende e i loro metodi di lavoro. È successo per la prima volta con Marat Sade di Peter Brook. Sono andato per la prima notte a Londra e, la stessa sera, ho comprato i biglietti per le esibizioni successive. Poi ho conosciuto Peter Brook e Glenda Jackson e sono diventata amica della compagnia, tornando a vedere lo spettacolo ogni sera. L’ultima volta che ho sentito questa “attrazione fatale” è stato per L’isola di Alcina del Teatro delle Albe di Ravenna. L’ho visto due volte a Bari l’anno scorso durante la visita del mio traduttore Paolo Dilonardo, poi di nuovo quando la compagnia è arrivata a New York. Se dal punto di vista temporale i due estremi della mia esperienza di frequentatore di teatro sono Marat Sade e L’isola di Alcina, il terzo elemento di un trittico ideale è l’incontro con Grotowski…… ”
(estratto da un’intervista a Susan Sontag; Claudia Cannella, Hystrio, aprile-giugno 2002)

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