Recensioni di Live*- Roma
Il pubblico sta entrando in sala al teatro Vascello di Roma e Paolo Ravaglia al clarinetto basso suona già un’introduzione – o vogliamo chiamarla ouverture ? – all’azione scenica Live*, nata da una collaborazione tra il danzatore-coreografo-filmaker Francesco Scavetta e il compositore Luigi Ceccarelli. Ci mette anche musica all’impronta Ravaglia. Ma non è questo che conta. Conta il fatto che questo preludio, pur sempre attribuibile alla scrittura di Ceccarelli è concepito a partire dalla cultura dell’improvvisazione radicale. Un Ceccarelli piacevolmente estremista. Il seguito della partitura, costruita in stretto contatto con Scavetta ribadisce questa felice scelta di utilizzo delle esperienze forse più esaltanti in tutta la musica dell’ultimo squarcio di secolo ventesimo e, ancora di più, di questo inizio secolo ventunesimo.
Nella fase di costruzione del lavoro Ravaglia ha “donato” i suoni dei suoi clarinetti alle macchine voraci e sapienti di Ceccarelli, che ne ha campionati parecchi per unirli ai suoni del live electronics, e poi altri ne ha lasciati (pur sempre scritti) al solista Ravaglia, sempre in scena anche come attore.
E Ravaglia smonta i clarinetti (anche il fascinosissimo clarinetto contrabbasso), li suona a pezzetti, utilizza una serie di sordine, emette soffi, note puntate, frasi guizzanti e nervose, suoni del sottosuolo e suoni dei viaggi spaziali. Ceccarelli ha scritto, Ravaglia interpreta e compone a sua volta con l’arte del virtuoso. Ma siamo sempre in piena poetica ceccarelliana: una poetica del disincanto della laica colloquialità: non sentiamo mai in Live* la drammaticità espressionista di un Evan Parker o la visceralità apocalittica di un Peter Brötzmann.
(Mario Gamba, il Manifesto, 3 novembre 2006)
Una poesia leggera del corpo, una svagatezza sotto la quale si nasconde sotto-traccia una ricerca tutt’altro che improvvisata, anima in Live* la danza incantata e beffarda di Francesco Scavetta, impastata con ruvida intelligenza nello spazio sonoro creato dalla musica elettronica di Luigi Ceccarelli e dalla performance dal vivo di Paolo Ravaglia con i suoi clarinetti……
Scavetta è un danzatore, ormai coreografo, che gioca con carezza onirica sul rapporto tra gesto quotidiano e movimento puro della danza. In Live* lo prova con uno spettacolo nel quale l’entrare e l’uscire dalla realtà, l’interrogarsi sulla relazione uomo/macchina vive di un faccia a faccia shakerato. Scavetta si sdoppia, a volte si triplica nel video che vediamo in alto, sullo sfondo della scena. Ma nessuno può capire se le immagini sono pre-registrate o se si fanno lì per lì. Scavetta e compagni utilizzano telecamere mobili, oggetti telecomandati. Divanetto rosso, portacenere blu. Scavetta è seduto, perde l’equilibrio, dinoccolato danza. Il video lo riprende, lo blocca in pose che contraggono il tempo, poi tutto ricomincia, sopra e sotto, mentre il suono amplificato, stravolto del clarinetto incalza, sottolinea, suggerisce, avvolge. Tecnologia in cui non si perde il contatto con l’uomo e il suo humour, evitando miracolosamente l’ipnosi dello schermo sulla corporeità della scena. Scherzi tra virtuale e reale a cui partecipa un gigantesco Godzilla gonfiabile. A ricordarci che si può non essere banali anche senza prendersi troppo sul serio.
(Francesca Pedroni, Il Manifesto, 3 novembre 2006)