Un melodramma degenerato di Fabio Scacchioli e Vincenzo Core.
Questo film è un’esperienza di scavo tra le forme del cinema di finzione, in particolare del melodramma. Emblema del cinema come imitazione della vita, il melodramma nasconde sotto la sua superficie levigata l’inquietudine della vita stessa. A partire dal cliché della donna che piange per un amore perduto, inizia un viaggio alla ricerca della radiazione di fondo del cinema di finzione. È stato necessario dimenticare ogni convenzione linguistica e drammaturgica, perdersi in una moltitudine di immagini e suoni, di universi di cristallo sul punto di esplodere e labirinti subatomici, fino al punto in cui l’immagine smette di rappresentare e diventa pulsazione. Intesse campi di tensioni modulate e rivela la vibrazione dell’invisibile. Il cinema diventa un linguaggio dell’invisibile. Un sussurro che si può percepire tra le porosità e le increspature dell’immagine in quanto simulazione.
Il film è composto da immagini preesistenti: come fiumi carsici, esse riemergono alla luce per poi tornare a scorrere seguendo percorsi invisibili (eppure presenti). Le immagini sono state sottoposte a un trattamento particolare, che include molteplici sessioni di ri-ripresa e processi analogici (maschere realizzate a mano, interventi fisici sulle immagini, ecc.) combinati con procedimenti digitali.
I brani musicali sono tratti dai film originali, con l’eccezione di un tema dal secondo movimento “Un Bal” della “Symphonie Fantastique” di Hector Berlioz. Suoni concreti, strumentali e vocali fanno anch’essi parte del materiale musicale. Il trattamento del segnale è usato per tracciare percorsi tra Musica, parola e rumore. Tre parti della stessa partitura. Suono e immagine sono trattati come due strumenti che eseguono la stessa composizione.