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“Compositori italiani d’oggi”, intervista di Riccardo Piacentini (Rassegna Musicale Curci)

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“Compositori italiani d’oggi”, intervista di Riccardo Piacentini (Rassegna Musicale Curci)

“Compositori italiani d’oggi”
Intervista di Riccardo Piacentini
Rassegna Musicale Curci – Anno L n.3 – settembre 1997

Piacentini: Quali sono stati i principali insegnanti della tua formazione di studio, accademica e non?
Cardi: Donatoni, più indirettamente, Petrassi, per brevi ma intensi episodi, Ferneyhough.

P.: Quali compositori rappresentano per te un costante punto di riferimento, positivo o negativo che sia? Accenna ai tuoi amori e alle tue idiosincrasie,
C.: Per quanto riguarda i punti di riferimento non posso che citare alcuni dei “classici”:
Ligeti, Boulez, Maderna, Berio, Donatoni, Ferneyhough, Sciarrino. Citerei anche Crumb e, tra le ultime generazioni, Grisey, e fenomeni interessanti come Goebbels. Le mie idiosincrasie per i tutti neo-qualcosa, neo-spirituali compresi, per le varie categorie del post-moderno, per i minimalisti (Feldman e Reich esclusi).
P.: Quali le tue composizioni più significative? Titolo, organico, anno di composizione, committenza, luogo e data della prima esecuzione.
C.: “In Corde”, per orchestra (1983-85); “Effetto Notte”, per otto esecutori (1989); “Calendari Indiani”, per voce femminile e dieci esecutori (1990); “Nessuna coincidenza”, azione scenico-musicale in un atto per 2 soprani, tenore/recitante, attore, ensemble, elettronica (1995); “Manao Tupapau”,
P.: C’è un motivo ideologico delle scelte di cui sopra? In altri termini, da che parte stai?
C.: Certamente, ma non solo. Anche poetico, intellettuale e, perché no, edonistico.
Riguardo la parte da cui starei… con una battuta direi, citando Petrassi, che sto dalla parte di quelli che sanno ancora dare “un senso di necessità” al gesto compositivo. Sto dalla parte della musica che sa ancora immaginare e ricercare, dentro e fuori di sé, qualcosa di nuovo e quindi di comunicativo. I due termini “ricerca” e “comunicazione”, mi sembrano assolutamente conciliabili, naturalmente conciliabili. L’antitesi – ricerca versus comunicazione – è un falso, sbandierato per questioni di comodo. Storicamente le espressioni artistiche che hanno comunicato in maniera più forte sono sempre state quelle con un maggior spessore di ricerca le cui scoperte, linguistiche prima che tecniche, hanno poi inciso fortemente sulla storia (anche se so bene che non sempre è stato vero il contrario, non sempre la ricerca è arrivata a comunicare, qualche volta anzi ha preferito votarsi ad una splendida solitudine).
Non credo comunque alla ricerca-di-comunicazione tout court che arriva a giustificare scelte di semplificazione in nome della comunicazione, in nome di una presunta analisi dei “gusti del pubblico”. In questi casi il passo verso la mistificazione è assai breve.
Ripensate (senza disconoscerle) le scelte dolorose (e a volte punitive) operate negli anni ’60 e ’70, capaci di guardare senza preconcetti a tutto il nuovo nel frattempo occorso, credo che abbiamo ora a disposizione un bagaglio sterminato con cui poterci esprimere liberamente e realmente comunicare.
Insomma sto dalla parte di quelli che sanno ancora guardarsi intorno, con curiosità: nel tempo (analizzando la storia e i suoi processi), come nello spazio (riconoscendo la portata di civiltà musicali che ignoravamo), osservando le altre culture, musicali e non, come le altre discipline, la scienza innanzitutto e le sue ricadute tecnologiche che stanno rivoluzionando il nostro modo stesso di comunicare fornendoci, allo stesso tempo, strumenti completamente nuovi. Non penso certo ad un compositore-scienziato, ma ad un musicista che sappia piegare, a fini espressivi, i nuovi strumenti che le altre musiche, le altre civiltà e le altre discipline gli propongono.
P.: Quali i tuoi rapporti con l’editoria musicale?
C.: Ottimi, dal punto di vista umano. Dal punto di vista della promozione invece (l’unico che ormai abbia realmente un senso, visto che per il resto del lavoro che una volta veniva svolto dall’editore: stampa, materiali d’orchestra, spedizioni, registrazioni… sono del tutto indipendente, come la maggior parte dei compositori della mia generazione e successive) invece mi dichiaro, anche qui credo come tutti, non soddisfatto. Se l’editoria musicale non saprà attrezzarsi presto vedo scenari futuri del tutto inediti, da alcuni già sperimentati con successo.

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