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Works

Le parole e il sale [2003]

for voice and electric guitar
text by Pasquale Panella
Le parole e il sale is a part of the seven-scene cycle "Oggetto d'amore"
Edizioni RAI Trade

Le parole e il sale (2003)
for voice and electric guitar
text by Pasquale Panella
Duration: 6’30”
Edizioni RAI Trade

Le parole e il sale is part of the seven-scene cycle “Oggetto d’amore” (2008)

First performance: Terni, Umbrian Music Academy, 4/4/2003
Interpreters: Sonia Bergamasco voice, Stefano Cardi guitar

Text
by Pasquale Panella
Tra i baci, i labbreggiamenti, le dita, le belle prese di carne, vuole dirle una parola dolce che sia anche un appellativo eccitato. Le dice “flessibile”, il tubo che si applica sotto i lavandini, sotto gli scaldabagni. E aggiunge, perché lei non lo creda un ridicolo aggettivo, “coi dadi da stringere con la chiave da diciannove, mi pare”. Poi le dice “scolapasta”. Lei, tra il labbro inferiore che trema e il superiore stretto tra i denti, fa uscire “tungsteno”. Quando hanno detto parecchie parole così, come indicatore automatico, Colombia, differenziale, Calderòn de la Barca, angolo di parallasse, tributo, ma di più, parecchie di più e molte incomprensibili perché schiacciate tra le labbra come passeggeri che salgono in un vagone già stracolmo di desideri e il treno corre su un binario che alla fine si sporgerà tronco su un abisso ripieno di tutti e due i crepuscoli dell’alba e della sera, quando avranno detto le parole ranocchia, quelle che si gonfiano e si sgonfiano gracidando in mezzo a pantani di saliva, quando avranno insufflato nell’altro e nell’altra gli anelli fumosi di parole nel cui vuoto centrale rimane il calco della lingua spinta, quando avranno fresato, piallato, tornito, smerigliato, scartavetrato parole per le quali capitare tra due corpi umani mossi e respirosi coincide con l’essere scaricate in un opificio, una fabbrica, una segheria come materiali di lavorazione, quando ne avranno utilizzate alcune come pellicole di rivestimento, altre come pennelli da forbitura, e quando avranno osato le parole minuziose e pignole che ridanno la vita agli orologi morti, allora, come se il cuore di ognuno, nel frattempo disceso nel ventre, si fosse fermato, cercheranno, con ventose potenti di colpi, di espanderlo e contrarlo per farlo tornare a battere, mentre dai polmoni, pure compressi e poi rilasciati a farsi invadere d’aria e d’altrui respiro, espettoreranno flussi da annegati, gemiti, grotteschi lamenti perché misti di sofferenza e ilarità, avendo rischiato la sommersione e l’affogamento in mezzo alle inutili e eterne movenze d’alghe delle parole che non significano se non quel fluttuare, quell’oscillazione scervellata; avendo preteso da se stessi la fine, sfiorandola soltanto, oppure toccandola ma con un’angolazione che li rimbalza nel tutto finito, non nella fine, ma nella continuazione di rinviarla, umanamente parlando. E come uscendo da un più normale bagno di mare, quei due faranno la doccia che li dissali, parlando d’altro ossia sensatamente.

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