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Works

Noi siamo la materia che sussulta [2007]

for narrator, trumpet, electric guitar, percussion, double bass and electronics
on a text by Pasquale Panella
Noi siamo la materia che sussulta is part of the cycle in seven scenes "Oggetto d'amore" (2008)
Edizioni RAI Trade

Noi siamo la materia che sussulta (2007)
for narrator, trumpet, electric guitar, percussion, double bass and electronics
on a text by Pasquale Panella
Noi siamo la materia che sussulta is part of the cycle in seven scenes “Oggetto d’amore” (2008)

Duration: 12′ ca.
Edizioni RAI Trade

On Noi siamo la materia che sussulta a video was made in 2007 by Francesca Checchi

First performance: Rome, 07/11/2007, RAI, Studio A, Via Asiago, “Radio Tre Suite”
Interpreters: Sonia Bergamasco, Freon Ensemble (Massimo Bartoletti, Stefano Cardi, Rodolfo Rossi, Carla Tutino)
Sound direction Mauro Cardi


Text
by di Pasquale Panella

La voce risente della carotide tesa, del mento levato, la voce di un dito su un vetro terso e asciutto al quale la mano si afferrerebbe come a un salvagente da pazzi, da sconclusionati. Dice annaspando nei marosi:
«Ah! poter dire ‘Tu hai segnato il mio destino’, in una baraonda di mare e di vento e, ancora, vita mia, ho il cuore nella testa come in gabbia, e sbatte, e ogni scuotimento, se non ci sei, è un uragano duro che spinge i miei pensieri come il sangue, via dagli occhi, dalle orecchie, un sangue che ti cerca, che si strazia nell’aria come le zampe di un fenicottero che affoghi con un peso in gola,
Ma se ci sei, io non ho più parole.
Parlare è sempre d’altro e non è mai d’amore.
Così, com’è per gli animali, non usciranno dalle nostre bocche accostate che suoni lontanamente simili a parole di insensatezza tragica.
Parole che s’erano attrezzate per una parata, un trionfo, con pennacchi, nappe, presunzioni dorate, con cappelli desunti cumulativamente dagli ussari, dai moschettieri, dai colossi a cavallo, montando le fogge insieme e gli ornamenti, parole alabardate e coi bottoni lucenti si trovano, nel pieno dei loro mulinelli coreografici, a dover affrontare la sommossa di un popolo assiepato che non ne vuole sapere del corteo cerimonioso, e le sbanda, manovrando ‘Amore mio’ come un forcone e ‘Senza te non vivo’ come roncola.
Io non vorrei mai morire e, mai morendo, non vorrei più sapere.
Ma vorrei voltare le spalle a tutto, così come l’amore chiede, e lacrimando queste lacrime esterrefatte di felicità arbitraria che mi corrono sul viso come sul vetro controvento di un vagone perduto nell’insensatezza di una velocità abbandonata a se stessa, esiliata, io vorrei salivare ‘Amore’ sulla pelle che racchiude l’anatomia che immotivatamente io amo.
E voglio biascicarla la parola ‘Amore’, strofinarla con le labbra, tra le mie e le tue.
E io come ferita aperta sono toccato dalla tua ferita, e tu non lo sai più dov’è il tuo viso e dove le tue braccia e le gambe, che tremano come le narici.
Noi siamo la materia che sussulta, e senza distinzioni tra le parti se il pensiero per pensarle è dileguato.
Ah poterti dire ‘io senza te non vivo’.

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