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Opere

Non si parla che d’aria [2008]

per voce recitante, tromba, percussioni e contrabbasso
su un testo di Pasquale Panella
Non si parla che d'aria fa parte del ciclo in sette scene "Oggetto d'amore"
Edizioni RAI Trade

Non si parla che d’aria (2008)
per voce recitante, tromba, percussioni e contrabbasso
su un testo di Pasquale Panella
tratto dalla raccolta “Oggetto d’amore”
Durata: 7′ ca.
Edizioni RAI Trade

Non si parla che d’aria fa parte del ciclo in sette scene “Oggetto d’amore” (2008)

Prima esecuzione: Venezia, 11/10/2008, Biennale di Venezia, Teatro alle Vergini – Arsenale
Interpreti: Sonia Bergamasco, Freon Ensemble (Massimo Bartoletti, Rodolfo Rossi, Carla Tutino),
direttore Stefano Cardi

Il testo
di Pasquale Panella

Noi non avremo che cognizione di una certa densità della luce, della sua soffusione, e del protrarsi ancora di certi rumori ripetitivi e di alcuni isolati, di tutto ciò che si afferra a quella memoria che li condiziona, non il contrario; e pioggia che iniziava o che finiva, o che continuava; potrei stare ore a dirti come qualcosa inizia o come finisce ma che continuava posso dirlo solo così: continuava. Il sole astuto invece si sposta, è ovvio, sempre, così come le ombre delle cose che gli si interpongono; ma le ombre di cose illuminate, quelle ombre irremovibili come si fa a dirle? Mi vengono in mente le lacrime, quelle che ho visto nascere, che ho visto da vicino, e così da vicino tutto è solido, si sente che il respiro incontra corde vocali inturgidite e bellicose, pronte a soffocare tutto il corpo, perché in quella repressione il corpo annaspi e poi si tiri fuori, con affanni e stridii di attriti carnali.
Noi, se proprio dobbiamo ricordare, siamo condannati a ripercorrere con precisione lo scivolamento di una goccia sopra il vetro, ma meno, molto meno, io non so, vedi?, non so come avvenne, quale fu il ventottesimo itinerario della nostra mano sinistra, o anche destra, e nemmeno, né tu né io, sappiamo più se sui piedi, sul petto, sul ventre…
Però sappiamo tollerare quel sopportabile dolore malinconico, che non ci viene perché qualcosa si è perduta per sempre nel passato ma perché qualcosa, e mano mano tutto, dal passato continua sempre.
È scritto sotto la base di un gruppo in gesso o scarsa ceramica: tutti e due bianchi e nudi, lei seduta sulle gambe di lui, contorta che è un piacere, le mani di ognuno appiccicate, quasi penetrate nel corpo dell’altro. L’esemplare non è unico, ce ne sono centinaia, e costano pochissimo.

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